Giustizia è fatta
Un ex-contabile settantenne di origine polacca 27 anni fa fu vittima di una tragedia immane: sua figlia Kalinka fu violentata e poi uccisa da un medico tedesco oggi 74enne. La giustizia tedesca però archiviò il caso e tutto sembrò finito lì. Il padre però non si arrese e nel 1995 riuscì a convincere un magistrato francese a far riesumare il corpo della ragazza e a far riaprire il processo che si concluse con una condanna a 15 anni in contumacia per il medico tedesco. La Francia chiese alla Germania l'estradizione dell'uomo per fargli scontare la sua pena, ma Berlino la negò. La Francia non insisté molto per farsi consegnare il medico e le centinaia di lettere scritte dal padre della vittima al Presidente della Repubblica francese e al Cancelliere tedesco non smossero la situazione.
Il padre di Kalinka, cattolico fervente, avrebbe potuto arrendersi e passare gli ultimi anni della sua vita cercando di voltare pagina nella sua casa nei pressi di Tolosa, come hanno fatto sua moglie e il fratello di Kalinka. Invece no: non poteva vivere sapendo che l'assassino di Kalinka era ancora libero (e commetteva altri reati in Germania, come truffa e tentata violenza, ma senza gravi conseguenze penali). Così si mise sulle tracce del medico che intanto conduceva una vita agiata nella sua villa nei pressi del lago di Costanza, vicino alla frontiera austriaca, Lo fa sorvegliare da un detective privato e fa delle domande ai vicini. Due giorni fa la svolta.
La polizia di Melhouse, una città francese al confine con la Germania, riceve una strana telefonata anonima nel cuore della notte. Un uomo li avverte che troveranno un uomo incatenato e imbavagliato nei pressi del tribunale della città. L'uomo incatenato è Dieter Krombach, il medico tedesco, e la telefonata anonima veniva da André Bamberski, il padre di Kalinka. L'uomo, che non nega di aver partecipato al rapimento, viene fermato dalla polizia francese con l'accusa di violenze e sequestro di persona. Il medico tedesco, secondo le leggi francesi, viene portato in prigione in attesa che si ricelebri il suo processo: una volta sul territorio francese, la Francia è obbligata a portarlo davanti a un giudice; come ha detto la Procura di Parigi: "le condizioni molto particolari del suo arresto non bloccheranno la riapertura del processo". Ancora più belle le parole del padre di Kalinka: "Non cercavo vendetta, ma Giustizia".
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