mercoledì 16 febbraio 2011

Obsolescenza programmata




Ho appena finito di vedere su Arte un documentario su una delle cause della montagna di rifiuti che produciamo ogni anno: l'obsolescenza progammata.
Lo sapete che esistono dei brevetti di lampadine che possono durare 25 anni? E perché non sono mai state messe in commercio? Semplice: perché negli anni '50 i produttori di lampadine si sono messi d'accordo e hanno deciso di abbassare la durata media delle lampadine a 1000 ore. Per questa ragione una lampadina comprata negli anni '20 dura molto di più di una comprata l'altro giorno... Nel documentario trasmesso su Arte e tratto da The light bulb conspirancy (qui sopra il trailer) si spiega come gran parte degli oggetti che compriamo sono programmati per rompersi per costringersi a comprarne di nuovi e a mantenere la nostra società consumistica. Il concetto della obsolescenza programmata è nato (ovviamente) negli USA e pare che sia stata proposta già durante la grande depressione del '29 come metodo per far decollare nuovamente i consumi e il PIL. Negli anni '50 l'"autodistruzione" dei prodotti di largo consumo entra nei metodi produttivi dell'industria (con conseguente "crisi di coscienza" degli ingegneri della vecchia scuola ai quali era stato insegnato a progettare cose che durassero).

Nel documentario si racconta anche di una ditta che produceva lampadine a Berlino Est. La Germania comunista non si basava su un'economia di mercato, quindi non era necessario che gli oggetti si rompessero prima per poterne venderne di più (addirittura veniva stabilito per legge che gli elettrodomestici dovevano durare almeno 25 anni). La ditta di lampadine brevetta nel 1981 un modello che poteva durare decine d'anni e, pensando che una scoperta del genere potesse interessare anche all'Ovest, la presentò ad un salone ad Hannover. I rappresentanti delle ditte occidentali non capivano l'interesse di una tale scoperta: se la lampadina dura così tanto nessuna la compra più, la ditta ne produce meno e sarà poi costretta a chiudere e a mandare la gente a casa. I colleghi dell'Est pensavano invece che utilizzando meno risorse potessero conservare i loro posti di lavoro. Ovviamente nessuno all'Ovest comprò la lampadina e dopo la caduta del Muro la ditta dell'Est fu costretta a chiudere.

Oggi per noi è normale aspettarsi che un oggetto elettronico si rompa dopo 2-3 anni. La prima reazione è comprarne uno nuovo perché magari così avremo l'ultima versione del prodotto con un nuovo design e nuove funzionalità (spesso inutili). Perché non proviamo prima a ripararlo? Perché il sistema ci spinge a gettare il prodotto e a comprarne uno nuovo.
Tutto il mio interessamento per questo documentario è dovuto al fatto che mi è capitato di fare le stesse riflessioni poco tempo fa quando la mia stampante, comprata all'inizio del 2009, si é improvvisamente rotta. Alla FNAC mi chiedono 60 euro solo per il preventivo di riparazione. Ho provato a riparla da solo, a cercare i pezzi su Internet ma senza fortuna. Ho dovuto cedere al sistema e comprarne una nuova perché mi serviva per il mio lavoro. La vecchia stampante non l'ho però buttata via. Proverò ancora a ripararla e se non ci riuscirò la porterò alla ressourcerie di Parigi (un luogo dove si recuperano e si rivendono gli oggetti che andrebbero altrimenti in discarica). Non vorrei che la mia stampante fosse dispersa nell'ambiente, magari lungo le sponde di un fiume in Ghana:




1 commento:

Anonimo ha detto...

Condivido appieno le tue considerazioni. Credo che per lo stesso motivo non decollano le macchine così dette "ecologiche" e non vengono rese note nuove forme di energia (già sviluppate nei vari laboratori) capaci di farci vivere un mondo migliore ed "ecosostenibile". Purtroppo, anche in questo caso,l'interesse di pochi stronca e vanifica ogni progresso serio e leale dell'umanità.