giovedì 13 marzo 2008

Io l'avevo detto!



Il Paese delle meraviglie e' nel mio elenco dei libri consigliati, tra i primi posti. Deve essere piaciuto pero' anche ai Francesi: leggete un po' qui....

(ANSA)- TORINO, 12 MARZO 2008 - Giuseppe Culicchia con Les pays des merveilles e' il supervincitore della III edizione del Prix Grinzane France. E' stato scelto fra una rosa di quattro autori di opere di narrativa contemporanea tradotte in Francia negli ultimi due anni. La cerimonia di premiazione si tiene oggi a Parigi. Les pays des merveilles e' ambientato nella Torino del 1977. E' la storia di Attila, adolescente alle prese con passioni e amori da liceali e difficili rapporti familiari.

Per festeggiare questa vittoria, pubblico qui sotto uno dei capitoli piu' divertenti del libro (potete trovare altri scritti e articoli di Culicchia qui):


Francesco Zazzi
Tema : IL VOLGARE E LA LINGUA ITALIANA

Svolgimento

Datosi che viviamo in un'epoca di grandi tensioni, personali, sociali, nazionali e internazionali, l'uso del volgare nella lingua italiana è sempre più diffuso. Al Nord come al Sud, sia in città sia in campagna. Basti pensare all'utilizzo sempre più frequente del sostantivo plurale maschile "cazzo".
Fino a pochi anni fa io il "cazzo" non lo usavo granché. E nemmeno i miei coetanei. Forse anche perché andavamo ancora alle elementari. Ma con le medie l'uso del "cazzo" da parte dei giovani si intensifica. Finché, giunti alle superiori, i giovani lo adoperano di continuo. Il "cazzo", del resto, si presta a svariati tipi di uso. In definitiva, lo si può mettere praticamente dappertutto. Da un punto di vista eminentemente linguistico, infatti, non ci sono limiti. Ficcalo dove vuoi, funziona sempre.
Ma passiamo ad alcuni esempi pratici.Il "cazzo" si adopera innanzitutto come affermazione, quando ti chiedono qualcosa. Ad esempio: "Li hai già fatti i compiti delle vacanze?". Risposta: "Cazzo!". Oppure: "Hai rinnovato l'abbonamento del treno?". Risposta: "Cazzo!". O anche: "Ti sei ricordato di lavarti le ascelle?". Risposta: "Cazzo!". Tuttavia, grazie alla sua versatilità, il "cazzo" si può pure usare come negazione. Nello specifico: "Che hai mangiato oggi?". Risposta: "Un cazzo". Oppure: "Ci hai capito qualcosa delle spiegazione?" Risposta: "Un cazzo". O perfino: "Che cosa vedi all’orizzonte?" Risposta: "Un cazzo". E via dicendo.
Esso però funziona parimenti come interrogativo, nel caso di "Cazzo fai?", "Cazzo vai?", "Cazzo vuoi?", "Cazzo sei?", "Cazzo è?", ma anche "Cazzo dici?", "Cazzo rompi?", "Cazzo parli?", eccetera. Il "cazzo" insomma non va sottovalutato. Tant'è vero che esso funge inoltre benissimo da superlativo. Talvolta, per assurdo, in compagnia della "figa". Un esempio su tutti, lo strausato "Cazzo, che figa!", espressione tra le più ricorrenti quando passa una ragazza anche solo carina. Peraltro, il "cazzo" funge alla perfezione anche da diminutivo. Per intenderci: "Come ti sembra quella moto?" Risposta: "Secondo me, non vale un cazzo". Per sua natura, comunque, il "cazzo" è essenzialmente esclamativo. Rompi un vaso di fiori di tua madre ed esclami: "Cazzo!". Investi un cane che attraversa sulle strisce e urli: "Cazzo!". Ti accorgi di avere finito le sigarette e gridi: "Cazzo!".
I giovani poi tirano fuori il "cazzo" per esprimere alla perfezione tutta una gamma di emozioni e di sentimenti. Dall'angoscia, quando all'improvviso vieni a sapere di un compito in classe e sospiri "Oh, no, cazzo", alla gioia, quando ti regalano un disco e dici "Grazie, cazzo!". Dalla tristezza, come quando ti muore il gatto e sussurri "Poverino, cazzo", all'entusiasmo, come quando la tua squadra segna e urli "Che gol, cazzo!".
In conclusione, il "cazzo" parte come termine volgare ma non arriva come tale, poiché nella lingua italiana contemporanea viene usato non tanto nella sua veste di organo sessuale maschile erettile e volendo riproduttivo ma in qualità di ausiliario, avverbio, sinonimo o simile. E se da una parte possiamo tranquillamente affermare che è grazie al "cazzo" che gli anni Settanta sono tutta un'altra decade rispetto agli anni Sessanta (quando il "cazzo" rispetto a oggi si usava pochissimo), va anche detto che, contrariamente alle apparenze, non sempre quello che in apparenza è volgare lo è anche nella realtà. Come nel famoso ME NE FREGO E' IL NOSTRO MOTTO, ME NE FREGO DI MORIRE, ME NE FREGO DI BOMBACCI E DEL SOL DELL'AVVENIRE, che malgrado la presenza del "me ne frego" volgare non è affatto, ma anzi evoca vette ideali altissime. Dove osano le aquile.
Non ci posso credere.
"Guarda che il tema era sul Volgare, non sul volgare", gli faccio notare.
"Cazzo significa?"
"Sul Volgare inteso come lingua che succede al latino, utilizzata in poesia e in prosa", gli spiego.
"Non sul volgare inteso come cazzo".
"Ma va'?", mi guarda sbigottito lui.
"E' ovvio".
"CAZZO!”


P.S.: ho aggiunto la sezione "Libri sconsigliati".

1 commento:

FREE PRESS ha detto...

Il "Cazzo" assume però anche carattere di regionalità, dato che al Sud si trasforma in "minchia": quando chiami qualcuno egli ti risponderà sicuramente "Ma che minchia vuoi? " oppure puoi sentire prima di una rissa "minchia, ti spacco la faccia".
Nel milanese o bergamasco invece l'organo maschile cambia sesso, diventa "Figa!".
Ad esempio allo stadio puoi sentire tranquillamente "Dai, figa, passa sta palla" (espressione anche usata dalle ragazze), oppure puoi sentire tranquillamente un bergamasco esclamare "Figa!"...
Come dire: noi italiani siamo proprio scurrili.